Colapesce, mezzo uomo e mezzo pesce, passava le sue giornate negli abissi marini. Un giorno arrivò a Messina il Re di Sicilia, che, incuriosito dalle stranezze dell'uomo pesce, volle metterlo alla prova. Gettò quindi in mare il suo anello, chiedendogli di ripescarlo, e di fornirgli notizie sugli abissi del mare di Messina. Colapesce tornò con l'anello e descrisse al Re ciò che aveva visto: la Sicilia era sostenuta da tre colonne, una per ogni angolo. Una di queste era integra, una era lesionata e la terza era interamente spezzata. Raccontò anche di aver visto vallate e caverne di fuoco distruttore che ardeva perennemente sotto al mare corrodendo le colonne. Il Re credé a tutto, eccetto al fuoco che bruciava negli abissi e sfidò Colapesce chiedendogli di riportare dal fondo del mare un pezzo di legno bruciato, per testimoniare la veridicità del suo racconto. Colapesce si tuffò, ma dal mare ben presto riemerse solo un pezzo di legno bruciato: egli rimase sul fondo del mare per sostenere la colonna distrutta dal fuoco dell'Etna e impedire con il suo sacrificio la distruzione dell'amata terra di Sicilia.